Sapevano che i loro genitori s’amavano
Ricordandoci della nascita e della mancanza di padre Joseph Wresinski (12 febbraio 1917-14 febbraio 1988), pubblichiamo un estratto di uno dei suoi libri.
Sapevano che i loro genitori s’amavano
Da molti mesi c’era nell’aria qualcosa. La situazione era diventata tale che l’uomo non poteva più sopportarla, perché la disoccupazione, la fame e lo sbandamento della famiglia l’umiliavano. Un giorno era partito, e, da tre settimane, era fuori, i vicini dicevano :« con un’altra »; la moglie diceva : « forse no »,.
Quella sera tornò per prendere le sue cose. Avvertito dai vicini, ero venuto anch’io ed ero rimasto lì, in piedi, in mezzo alla stanza in disordine. Nessuno parlava. I bambini si arrampicavano sulla poltrona sfondata, si spingevano e cadevano all’indietro e poi ricominciavano. Lui, il padre, stava mettendo la sua biancheria alla rinfusa in due valigie aperte che aveva messo sul tavolo. Tutto appariva ridicolo : la poltrona, i bambini, il padre, il tavolo, le valigie, la biancheria.
Per lui, non trovavo una sola parola che corrispondesse alla grandezza della sua vergogna e della loro tristezza. Io sapevo che quella nuova partenza era una falsa uscita di scena. Ero sicuro che aspettasse che sua moglie e i bambini gli chiedessero di restare. Ma loro come me non osavano dirgli niente. La nostra intuizione di poveri sapeva che le parole deformano,sminuiscono i sentimenti, quasi sempre li sviliscono.
Alla fine lo serrai nelle mie braccia e lo strinsi forte, fortissimo… Per fargli sentire quanto l’amavamo. Fu allora che sua moglie, nascosta nell’ombra, riemerse dalla stanza in fondo. Vi si era rifugiata come un animale ferito, per mascherare la sua pena, la sua solitudine, la sua miseria. Il suo viso era in fiamme, gonfio, deformato, ma talmente bello, come se nella tristezza il viso dei poveri conservasse quel non so che di fierezza, di volontà di vivere e di amare.
Indicando i bambini, disse semplicemente : « Sono tre giorni che la credenza è vuota… Non ho chiesto niente a nessuno ». Così aggrediva fatti e dolore, con poche parole incisive, « È venuto a prendere le sue cose. Ora riparte, che ne sarà di noi ? » Non era a me che si rivolgeva, ma, indirettamente, a lui. Io stringevo sempre l’uomo tra le braccia. I sette bambini continuavano a giocare nel loro angolo. Attorno a quel tavolo dove si decideva l’avvenire di una famiglia, tutto poteva provocare il dramma : le lamentele della donna, l’indifferenza dei bambini, il silenzio di quell’uomo umiliato…
« Rimarrà – dissi -altrimenti non sarebbe tornato ». Li condussi in cucina, dove non c’era traccia di cibo né alcun odore di pietanze. Gli ultimi giorni, i bambini avevano raccattato tutto, pulito tutto fino a grattare il fondo della credenza finché il luogo dei pasti non era più da loro ma dai vicini. Questi li avevano accolti a turno, li nutrivano, lamentandosi però per la partenza dell’uomo. Davano la colpa ora all’uno, ora all’altro, come se la disoccupazione non esistesse, come se non avessero provato la fame, come se non avessero provato la vergogna.
Ora il silenzio era rotto. Eravamo lì, uno seduto, l’altro in piedi. « Anche io ho sofferto » disse l’uomo. « E noi ? » disse la donna. « Io ho lavorato », ribatté lui. « Allora hai dei soldi ? » Lui non rispose. All’improvviso comprese che se lui fosse ripartito, lei sarebbe rimasta lì senza denaro e che avrebbe supplicato, che avrebbe mendicato, nonostante lo negasse, per far mangiare i suoi figli. Allora, in un singhiozzo : « Ma lo sai che ho venduto una scatola di piselli, per scriverti ? » Quella scatola era un simbolo, il grido della disperazione, il segno del sostegno che i vicini le avevano dato. Averla venduta, era la rivelazione di un amore insondabile che relega in secondo piano la fame, la sofferenza, la vergogna.
Di nuovo non parlavamo più. Era stato detto tutto. Ogni altra parola sarebbe stata inutile.
Quando li lasciai, sapevo che lui non sarebbe più partito, che era ormai abbastanza forte per superare gli scherni dei vicini, perché l’uno e l’altra si erano di nuovo ridati l’amore. Sulla soglia, la piccola di sette anni mi teneva per mano e mi dava dei colpetti, come per dirmi « grazie ». E io pensavo a quella scatola di piselli venduta a poco più di un franco per comperare un francobollo, per scrivere a quell’uomo che fuggiva la famiglia, per dirgli di tornare in pace, che era ancora amato. Quella dichiarazione d’amore, i bambini l’avevano capito ? Credo di sì. Del resto, non avevano bisogno di quella prova : lo sapevano, era scontato che i genitori si amavano.
Quale segreto si nasconde nel cuore dei poveri che noi neanche supponiamo ? Quale amore puo’ unirli fino a questo punto ?
Parole per il domani, Ed. Città Nuova – Ed. Quarto Mondo, 2001, 128 pagine, 13 x 20, 8,50 €. Prefazione di SER.Cardinale François-Xavier Nguyen van Thuan.